Il comportamento anoressico-bulimico si propone di rubare “briciole” di senso alla nostra vita quotidiana, percepita come povera di significato e di valori autentici. E’ una condanna estrema e radicale a una società consumistica, che incessantemente costruisce prodotti e oggetti per “divorarli” velocemente. Il vuoto dell’anima non può essere riempito con il cibo: ciò che l’anoressica e la bulimica rivendicano non è la soddisfazione materiale dei bisogni, ma l’amore dell’altro. Il loro corpo, emaciato o ingombrante, diventa l’espressione tangibile di questo messaggio e assume su di sé il “peso” di una semplice e sempre insoddisfatta domanda d’amore.
Nonostante il loro valore ideale e morale, l'anoressia e la bulimia sono pregiudicate da un’intrinseca debolezza, essendo dominate dall’idea persecutoria del cibo e del peso, che conduce a sovvertire ogni legge naturale e a bandire qualsiasi forma di legame sociale. Tale condizione si sottrae al dialogo con l’altro, scegliendo come interlocutore privilegiato il cibo, sempre disponibile per essere rifiutato, divorato, espulso. Risulta pertanto necessario riaccostare i soggetti portatori di questo disagio a una dimensione verbale, al fine di reintrodurli nell’universo dei rapporti sociali.
Attraverso un percorso di cura con gruppi monosintomatici, gli individui che condividono la stessa sofferenza, sia che mangino troppo sia che non mangino nulla, vengono liberati dal loro isolamento e ricondotti in una sfera affettivo-relazionale, di apertura al mondo. L’esperienza terapeutica di gruppo favorisce una crescita affettiva, in quanto si strutturano nuove modalità di relazione, attraverso la reciprocità e l’ascolto. All’interno del gruppo, l’anoressia e la bulimia non vengono più considerate come malattie, ma come difficoltà esistenziali.
Il gruppo è un contenitore attivo, portatore di un progetto comune, in cui è possibile esprimere vissuti ed emozioni. Ci si avvicina ai propri sentimenti in un clima di accoglimento e di comprensione reciproca che permette di cogliere il proprio modo di essere in rapporto al mondo, e di liberare le energie, imprigionate in un circolo vizioso di digiuni e abbuffate, in investimenti più creativi, capaci di rimettere in moto la vita psichica. L’obiettivo è quello di rendere comprensibile a se stessi e agli altri una sofferenza apparentemente inesprimibile a parole, ma che proprio nella parola trova il suo effetto catartico.
Dott.ssa Arianna Nardulli