Il cibo dell’anima è un libro rivoluzionario, che nasce da una profonda esigenza clinica: la necessità di restituire al fenomeno anoressico-bulimico il suo significato originario, svincolandolo dalle categorie psichiatriche e sociologiche in cui si trova spesso classificato.
Considerando l’anoressia-bulimia come una patologia dell’anima e non del corpo, l’Autrice sposta audacemente il campo dell’indagine sul piano della vibrante interiorità dell’anoressica, che cerca disperatamente di far conoscere la propria voce in un mondo sentito come incapace di rispondere ai bisogni più naturali.
Arianna Nardulli guarda a questo disagio da una prospettiva multidisciplinare, avvalendosi della propria esperienza clinica e confrontandosi con i principali studi psicoanalitici, sistemici, sociologici, storici e filosofici.
Riportando fedelmente le parole di pazienti in terapia di gruppo, l’Autrice evidenzia l’efficacia di un approccio terapeutico al confine tra la psicoanalisi e la filosofia esistenzialistica, connotato da un’intesa impalpabile tra analista e paziente e da una piena considerazione del modo di essere-nel-mondo della soggettività anoressica.
Cogliere il profondo significato etico e spirituale di questo disagio esistenziale non significa tuttavia tralasciarne la dimensione patologica. Pur riconoscendo la nobiltà dell’ideale di vita acorporea, l’Autrice sottolinea la necessità di aiutare l’anoressica a trovare un equilibrio tra cielo e terra, tra anima e corpo. Si tratta pertanto di offrire nuove possibilità esistenziali, che riportino all’anima chi all’anima tende.
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