Crisi adolescenziale: quando diventa un disagio psicologico - Centro di Psicologia Clinica e Psicoterapia: depressione, anoressia, bulimia, ansia, panico, testimonianze, psicologo, psicoterapeuta, psicoanalista Milano, Monza, Lugano

Vai ai contenuti

Menu principale:

Crisi adolescenziale: quando diventa un disagio psicologico

REDAZIONE
CRISI ADOLESCENZIALE: QUANDO DIVENTA UN DISAGIO PSICOLOGICO…

L’adolescenza è una fase della vita in cui tutti i ragazzi manifestano, in maniera più o meno intensa, difficoltà di varia natura, nel rapporto con i genitori e con le altre figure adulte, con i coetanei, con la scuola…
E’ frequente osservare il manifestarsi di comportamenti trasgressivi, difficoltà emotive, intensi sbalzi di umore e incapacità di tollerare le frustrazioni.
L’adolescenza è l’età del cambiamento, come la stessa etimologia della parola implica: 'adolescere' significa in latino 'crescere'. Tutte queste modificazioni fanno parte di un normale processo di trasformazione, essenziale per permettere al giovane di diventare adulto. E’ infatti attraverso questa “crisi” che ogni ragazzo crea la propria identità, come persona distinta dalle altre, e consolida la sua personalità. Anche se è per tutti, o quasi, un periodo difficile, non si tratta di una malattia, ma di una fase della vita in cui si vivono forti oscillazioni e  turbolenze che spesso trovano la loro naturale soluzione attraverso il processo di crescita.
I tempi di tale processo possono variare da individuo ad individuo per una complessità di fattori familiari, socio-culturali e personologici. Si tratta di un processo che in realtà non ha mai una fine. I problemi che emergono per la prima volta nell’adolescenza iniziano da quel momento a far parte del panorama esistenziale di ognuno. L’adolescenza si configura non solo come una tappa o fase da superare, ma anche come l’inizio dell’esperienza più importante, ossia della “vera vita”, intesa come l’insieme delle scelte, dei dilemmi e dei cambiamenti continui.
Questi mutamenti generano spesso nei genitori dei sentimenti d’ansia, legati al futuro dei propri figli, alle loro difficoltà relazionali e scolastiche. Si tratta di preoccupazioni condivisibili, ma che si riferiscono ad una fase della crescita che tutti hanno attraversato, genitori compresi.

La situazione diviene problematica nel momento in cui i familiari si accorgono che dietro alla “crisi adolescenziale” si cela un disagio più profondo. Esso si può manifestare attraverso un arresto nel processo di cambiamento che può comportare disagi psichici di varia natura, quali comportamenti antisociali, dipendenze da sostanze, disturbi del comportamento alimentare, ritiro sociale, difficoltà nell’affrontare le situazioni del quotidiano… Si tratta di comportamenti che compromettono la possibilità del ragazzo di aprirsi alla vita e alle nuove esperienze che essa gli propone.
Al contrario, si può anche riscontrare un eccesso di equilibrio e di apparente maturità che può portare ad una “pseudo-crescita” e alla formazione di quello che viene definito in psicologia come “falso sé”. L’adolescente si crea un’immagine di sé artificiosa, ossia appare al mondo come una persona che ha già raggiunto una piena maturità, anche se questo è un modo per celare una grande fragilità.
Altra situazione è quella in cui il ragazzo non vive alcuna “crisi adolescenziale”. In questo caso, il soggetto non emergerà da quello stato di dipendenza che caratterizza il periodo dell'infanzia e non riuscirà ad operare quel processo di differenziazione del sé.
Un’ulteriore manifestazione del disagio adolescenziale, che è sempre più diffusa, come dimostrano i fatti di cronaca degli ultimi mesi, è rappresentata dal fenomeno del bullismo. Questo termine, che deriva dalla parola inglese “bullying”, identifica un’oppressione, psicologica o fisica, ripetuta e continuata nel tempo, messa in atto da una persona più potente, o da un gruppo di persone, nei confronti di un soggetto percepito come più debole. Il problema riguarda, in particolare, bambini e adolescenti nelle fasce di età comprese tra i 7-8 anni e i 14-16 anni. Tale fenomeno si differenzia dalle semplici liti tra giovani poiché manca l’alternanza tra i ruoli: chi offende e chi subisce sono sempre le stesse persone.
Una delle possibili cause della sua diffusione può essere ricercata all’interno della modificazione del ruolo della famiglia: il tempo che i genitori riescono a dedicare ai figli si è notevolmente ridotto a causa dei ritmi di vita divenuti sempre più frenetici. I ragazzi sono quindi portati ad investire maggiormente nella costruzione di un nucleo “familiare” parallelo all’interno della scuola. Si tratta di una famiglia sociale che, lentamente ma in maniera progressiva, tende a prendere il posto di quella naturale. L’adolescente trova all’interno del gruppo uno spazio di confronto che oggi è sempre più carente in famiglia.
Poiché il bullismo è un fenomeno assai diffuso, è importante che i genitori siano in grado di leggere i segnali di questo problema. Una richiesta improvvisa da parte del proprio figlio di non voler andare più a scuola, associata alla manifestazione di sentimenti di tristezza, paura e insofferenza, rappresenta un forte indice di allarme. Spesso il ragazzo non parla ai genitori a causa della mancanza di comunicazione e dell’assenza di un rapporto confidenziale all’interno della famiglia. Per tali ragioni è fondamentale porre molta attenzione al dialogo con i propri figli ed, eventualmente, coinvolgere gli insegnanti nella comprensione del disagio. Infatti, per arginare questo fenomeno, già molto si potrebbe fare se la scuola non si limitasse a fornire solamente nozioni e regole agli alunni ma desse anche il proprio supporto nel processo educativo in senso più ampio, seguendo la crescita psicologica dei ragazzi. Lo psicologo, figura pressoché inesistente all’interno del sistema scolastico, potrebbe offrire sia interventi preventivi, sia, in presenza di episodi di bullismo, un sostegno psicologico alle vittime del fenomeno e agli esecutori materiali. In questo modo sarebbe possibile aiutare il ragazzo che viene prevaricato ad approfondire le conseguenze che tale esperienza ha avuto su di lui e, contemporaneamente, far emergere nel prevaricatore le cause sottostanti che lo portano ad agire aggressivamente. Paradossalmente il “bullo” è, infatti, la prima vittima delle sue sopraffazioni.

Consapevoli di tali problematiche e delle loro conseguenze a livello sociale, gli psicologi del Centro Psiche considerano fondamentale fornire un supporto psicologico sia ai genitori, che si sentono spesso impotenti di fronte alla sofferenza manifestata dal proprio figlio in questa delicata fase di “cambiamento”, sia agli adolescenti, che vanno aiutati ad affrontare una fase cruciale della loro esistenza il cui esito potrà condizionare, in maniera significativa, il loro futuro.
 
Copyright 2017. All rights reserved.
Torna ai contenuti | Torna al menu