Tutti siamo stati a scuola. Ci hanno criticato le scarpe nuove, la cartella che doveva essere come quella dei compagni. E vogliamo parlare della biondina del secondo banco che non ci ha mai filato per niente? Forse solo quando arrivava il 4 al compito di Matematica poteva andare peggio. Ma, riflettiamoci ora, cos'era in fondo quel brutto voto nella materia più ostica in confronto a tutti i voti che si sono presi e si possono prendere nella vita? Un puntino nero in una vasca di latte, una stella in una galassia. Basta accorgersene. Trovare la forza dentro se stessi di fare zoom indietro e dare un'occhiata più distaccata alla nostra vita.
Disagio in classe
Secondo Giovanni Fava, professore ordinario di Psicologia a Bologna e di Psichiatria all'University di New York Buffalo, questa capacità la si può apprendere meglio se si parte dalle scuole medie. E già che «tutti gli studi scientifici concordano nell'affermare che il livello del disagio giovanile a scuola è molto alto», ha raccolto attorno ad un progetto i ricercatori Chiara Ruini, Carlotta Belaise, Chiara Brombin ed il prof. Ernesto Caffo dell'Università di Modena, anche presidente di Telefono Azzurro e della Società Europea di Psichiatria infantile, per studiare come aiutare i giovani italiani.
Il lavoro, pubblicato sulla rivista «Psychoterapy and Psychosomatics», dimostra come poche ore di Psicologia del benessere durante il corso della scuola media portino velocemente ad effetti positivi sulla mente delle persone. «Siamo rimasti sorpresi dai risultati ottenuti in sole quattro sedute terapeutiche di gruppo - racconta Fava. E ora stiamo studiando cosa succederebbe se prolungassimo l'intervento».
Il metodo adottato proviene dagli Stati Uniti e poggia su un modello di benessere firmato dagli studiosi Carol Ryff e Burton Singer. Loro hanno precisato cosa serve all'essere umano per essere felice: «Autonomia, relazioni positive con gli altri, propositi per il futuro, auto-accettazione, padronanza ambientale e potenzialità di crescita personale». Insomma, un generale ottimismo e una coscienza di sé che affondano radici millenarie in classici del pensiero come De vita beata di Seneca. «E' proprio nel senso senechiano di ricerca continua del sapere che va inteso il miglioramento personale. Non è azzardato affermare -spiega Fava- che chi è più colto, vive meglio. E non si tratta qui di cultura nozionistica, ma di consapevolezza di sé e del mondo per affrontare le insidie della vita».
L’altra faccia dei problemi
I centoundici studenti delle scuole medie coinvolti nella ricerca sono stati aiutati a focalizzarsi anziché sulla soluzione degli elementi di disagio, malessere e sofferenza, cioè gli obiettivi delle tecniche psicologiche tradizionali, sul lato positivo dei problemi. E dunque a sciogliere il guaio stesso attraverso il suo ridimensionamento. Tutto è avvenuto con l'aiuto di giochi per aiutare i ragazzi a riconoscere, provare e condividere emozioni positive e profonde. «Una delle battaglie da combattere - rivela Fava - è la superficialità, spesso causata dal consumismo per cui un orologio di marca può contare di più in un'amicizia che certi valori». Un esercizio che rema contro questi atteggiamenti è, ad esempio, stimolare gli studenti a riconoscere i lati positivi nei compagni. Poi il ragazzo che ha ricevuto il complimento deve contraccambiarlo. Infine, si chiede ai ragazzi di riportare tutto nel proprio diario per garantire la rielaborazione individuale e la memorizzazione di basi per affrontare frustrazioni e insoddisfazioni in tutta la vita.
Vincere lo stress
«Aumentare fin dai primi anni il benessere psicologico di una persona, la rende più resistente ad eventuali stress di varia natura, conflitti e ansie - racconta Fava -. Per questo portare gli psicologi ogni tanto a scuola sarebbe utile, ma in Italia lo si fa ancora poco». Questo lavoro però ha trovato un alleato oltre Manica: Lord Richard Layard, uno dei più importanti professori della London School of Economics e autore di «Felicità», un libro sull'argomento pubblicato in Italia da Rizzoli. La sua teoria, espressa in un recente articolo sul British Medical Journal, è che il principale problema economico in Gran Bretagna non siano disoccupazione e povertà ma ansia e depressione. Ne è seguito un progetto che è diventato parte del Manifesto del Partito laburista per l'introduzione di trattamenti psicologici a vario livello, tra cui quello scolastico. «Sono in contatto con Lord Layard - rivela Giovanni Fava - ed è rimasto felice del nostro studio. Anche lui sostiene l'importanza di intervenire fin dagli anni della scuola per prevenire malattie che altrimenti esploderebbero a livello adolescenziale con danni più marcati. Ciò che gli interessa come economista e consigliere di Tony Blair è che se si aumentano i fattori che portano un ragazzo o una ragazza a confrontarsi positivamente con la realtà circostante, nel lungo periodo l'economia di un paese ne guadagna. Vuoti di motivazione, eccessivo consumismo giovanile, non riuscire a trovare un senso del miglioramento di se stessi, non sono solo un danno per l'individuo, ma anche freni alla crescita di un sistema sociale ed economico efficiente».
Le cifre del male oscuro
25%
Nel mondo circa 450 milioni di persone soffrono di disturbi mentali e del comportamento (circa 1 persona su 4); è previsto un incremento fino al 15% entro il 2020.
4%
In Europa il 4% degli adolescenti (12-17 anni) e il 9% dei 18enni soffre di depressione. Un ragazzo su cinque sotto i 18 anni ha problemi di carattere emotivo o di comportamento.
[World Health Organization]